C’è la fiducia a Mario Draghi

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Il Senato ha votato la fiducia al governo Draghi con 262 voti a favore, 40 contrari e due astenuti. Con questa maggioranza l’esecutivo dell’ex presidente della Bce non ce l’ha fatta a superare Monti che il 17 novembre del 2011 ottenne la fiducia a palazzo Madama da 281 senatori.

E’ arrivato poco prima di mezzanotte il sì di Palazzo Madama. In mattinata Draghi aveva parlato in Senato per ottenere la fiducia: nel suo discorso ha delineato il programma, tra piano vaccinale e recovery plan. “Oggi, l’unità non è un’opzione, l’unità è un dovere. Ma è un dovere guidato da ciò che son certo ci unisce tutti: l’amore per l’Italia”, ha affermato il premier . Tredici cartelle divise in 10 paragrafi: lo stato del Paese un anno dalla pandemia; le priorità per ripartire; oltre la pandemia; parità di genere; il Mezzogiorno; gli investimenti pubblici; Next Generation Eu; obiettivi strategici; le riforme; i rapporti internazionali. Tutti si aspettavano che l’ex numero uno della Bce non fosse emozionato, invece lo è e molto. Lui stesso lo ammette in un passaggio del suo intervento, nell’incedere sicuro con cui legge il testo ha un’incertezza sui numeri della pandemia, arriva in suo soccorso il neo ministro allo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti.

Così  nell’intervento il premier a palazzo Madama:

“Il primo pensiero che vorrei condividere, nel chiedere la vostra fiducia, riguarda la nostra responsabilità nazionale – è l’esordio- Il principale dovere cui siamo chiamati, tutti, io per primo come presidente del Consiglio, è di combattere con ogni mezzo la pandemia e di salvaguardare le vite dei nostri concittadini. Una trincea dove combattiamo tutti insieme. Il virus è nemico di tutti. Ed è nel commosso ricordo di chi non c’è più che cresce il nostro impegno. Prima di illustrarvi il mio programma, vorrei rivolgere un altro pensiero, partecipato e solidale, a tutti coloro che soffrono per la crisi economica che la pandemia ha scatenato, a coloro che lavorano nelle attività più colpite o fermate per motivi sanitari. Conosciamo le loro ragioni, siamo consci del loro enorme sacrificio e li ringraziamo. Ci impegniamo a fare di tutto perché possano tornare, nel più breve tempo possibile, nel riconoscimento dei loro diritti, alla normalità delle loro occupazioni. Ci impegniamo a informare i cittadini con sufficiente anticipo, per quanto compatibile con la rapida evoluzione della pandemia, di ogni cambiamento nelle regole”.

Intorno alle 20.40 la replica in Senato. Replica che comincia con il microfono spento. Le prime parole sfuggono all’emiciclo di palazzo Madama e subito si avvicina Federico D’Incà, ministro dei Rapporti con il Parlamento, nella veste di ‘microfonista’. “Scusate, devo ancora imparare…”, si giustifica il premier, prima di riprendere il suo intervento. “Gli interventi del dibattito hanno dimostrato la consapevolezza del disastro economico, sanitario, sociale, educativo e culturale. È con questa consapevolezza che questo governo costruirà nei fatti con sia la sua credibilità. Ringrazio per la stima ma anche questa dovrà essere giustificata e validata nei fatti del governo da me presieduto”, ha affermato.

Numeri alla mano, per 19 voti Draghi non ce la fa a superare il governo Monti. Pesano sicuramente i ‘dissidenti’ pentastellati: sono 15 che votano ‘no’ a cui vanno aggiunti 6 assenti che non rispondono alla ‘chiama’. A questi si aggiungono i voti di Fdi, unica formazione all’opposizione, e poi i no dal gruppo Misto di Alfonso Ciampolillo, Elena Fattori, Michele Gianrusso, Carlo Martelli, Paola Nungnes e Luigi Paragone. Cinque i senatori in congedo: Umberto Bossi, Giorgio Napolitano, Salvatore Sciascia, Liliana Segre e Orietta Vanin dei 5 Stelle. Otto gli assenti e di questi 6 M5S: Giuseppe Auddino, Elena Botto, Antonella Campagna, Emanuele Dessì, Vincenzo Garruti, Nunzia Nocerino. In missione: Pier Ferdinando Casini, Eugenio Comincini di Iv e Francesco Castiello di M5S. Due gli astenuti: Tiziana Drago del Misto e Albert Laniece delle Autonomie.

I CINQUE STELLE

Da una parte le tribolazioni interne per la fiducia al governo Draghi (in 15 alla fine hanno votato no)i, dall’altra il voto su Rousseau che segna la nascita del nuovo organo collegiale, archiviando l’era del capo politico. Il Movimento 5 Stelle guarda al futuro ma è costretto a fare i conti con una possibile scissione. Al Senato i ‘frondisti’ contrari al nuovo esecutivo si contano e mirano a una nuova compagine parlamentare. “Ovviamente non posso più essere nel M5S, la scelta di campo è radicale”, dice il senatore Mattia Crucioli annunciando il suo ‘no’ a Draghi. E sulla possibile creazione di un nuovo gruppo osserva: “Me lo auguro e lavorerò per questo” perché “per fare opposizione occorrerà essere organizzati. Se ci saranno i numeri sarà sicuramente molto più utile stare dentro un gruppo”.

“L’espulsione per chi ha votato ‘no’ sarà inevitabile. Nuovo gruppo? Valuteremo in seguito alla votazione come mettere meglio a frutto gli esiti di questa assai sofferta decisione”, afferma all’Adnkronos la collega Bianca Laura Granato. Alla fine, nelle file pentastellate si contano 15 voti contrari a Draghi e 6 assenti. Votano no: Abate, Angrisani, Corrado, Crucioli, Di Micco, Giannuzzi, Granato, La Mura, Lannutti, Lezzi, Mantero, Mininno, Moronese, Morra, Ortis. Disertano la votazione invece: Auddino, Botto, Campagna, Dessì, Garruti, Nocerino. Per i dissidenti quasi certamente arriveranno sanzioni disciplinari, dal momento che il capo politico Vito Crimi ha definito “vincolante” il voto degli iscritti. I riflettori ora sono puntati sulla Camera, dove la fronda dei deputati anti-Draghi è pronta alle barricate.

Intanto sulla piattaforma Rousseau la base 5 Stelle dà il via libera alle modifiche statuarie che eliminano la figura del capo politico sostituendola con un ‘Comitato direttivo’ composto da 5 membri. Un passaggio che crea l’ennesimo scontro tra i vertici M5S e Rousseau. L’Associazione presieduta da Davide Casaleggio – in un post dal titolo “Inizia il conclave degli iscritti” – annuncia: “Da oggi termina la reggenza della figura del capo politico e si avvia il percorso per la creazione di un organo collegiale che avrà il compito, come stabilito dalle modifiche dello statuto, di definire la linea politica del Movimento 5 Stelle insieme all’Assemblea degli iscritti, oltre che amministrare le attività quotidiane del Movimento 5 Stelle”. Vito Crimi però non è dello stesso avviso e su Facebook precisa che la sua reggenza, come confermato da Beppe Grillo in una lettera, “proseguirà fino a quando non saranno eletti i 5 membri del nuovo Comitato”.

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